Nella sconfitta del centrosinistra pesanti responsabilità del Pd (di Michele Perrone)
Una riflessione sulla tornata elettorale appena conclusasi.
Forse è giunto il momento di tentare una disamina su questa tornata elettorale foggiana.
In verità ve ne è stata più d'una; qualcuna l'ho trovata interessante - quella di Antonella Caruso, anche se non la condivido appieno-qualche altra l'ho trovata sconcertante, come quella del PD.
Se dunque il quesito è : perché Landella ha vinto e Cavaliere ha perso, la risposta è lapalisssiana.
Landella ha preso più voti di Cavaliere, come direbbe Catalano.
Ma non mi pare che tanto si debba alle foto, agli atteggiamenti, alla strategia elettorale di Landella.
Partiamo da un dato : Foggia è una città di destra, una città di provincia con condizioni economiche molto disagiate e quindi con larghi strati di popolazione in stato di bisogno, perciò sensibile alle aspettative individuali.
Vogliamo cioè dire che tra la promessa di una città più vivibile per tutti , più pulita ad esempio, e la promessa di un alloggio popolare per il proprio nucleo familiare, non c'è competizione. Vince sempre il proprio particolare. Quanto poi alla strategia elettorale, ognuno scende in campo con la propria immagine, il proprio vissuto, il proprio modo di essere.
Landella non ha interpretato il popolo foggiano: Landella è il popolo foggiano, con il suo vocabolario di duemila parole, la cosiddetta lingua del bar, con la sua idiosincrasia per i congiuntivi, con i fuochi d'artificio (avete mai visto un matrimonio popolare in cui manchino l'orchestrina od i fuochi di artificio a chiudere la serata?)
Aggiungiamo anche che va riconosciuta a Landella la capacità nell'acquisire il consenso ed una buona dose di spregiudicatezza ed avremo il quadro completo delle ragioni per cui ha vinto.
Ma adesso domandiamoci: per contrastare Landella, quale avrebbe dovuto essere la strategia di Pippo Cavaliere? In realtà Pippo ha fatto la sua parte fino in fondo e l'ha fatta bene; non gli si poteva chiedere di essere diverso da quello che è, di stravolgere il suo modo di porgersi, di mutare la sua immagine.
Chi ha perso le elezioni a Foggia, diciamolo pure, è stato il PD. Che le perderà ancora ed ancora se continuerà ad interpretare la realtà come ha fatto, cantando vittoria per i risultati ottenuti in provincia ed addirittura attribuendo la sconfitta foggiana ai 5Stelle, come se quelli avessero il dovere di scegliere al ballottaggio Cavaliere. Invece che indulgere in spiegazioni ridicole, si chieda il PD come è stato possibile cedere a Landella ed alle forze di centrodestra quelle che erano le roccaforti della sinistra, le periferie ed i quartieri popolari, Borgo Croci ed il CEP.
Fino a venti anni orsono quelli erano i punti di forza del PCI, e lo so bene perché sono stato Aggiunto del Sindaco di Borgo Croci, il primo aggiunto del Sindaco del Quartiere, e so quanto fu difficile farmi accettare, io democristiano, nella zona.
Oggi invece è proprio lì che ha vinto Landella: una ragione ci sarà!
Credo che il PD non riesca più ad interpretare i bisogni, i sentimenti di quella gente, che si sia spezzato il filo che li congiungeva, che il PD nel tentativo di superare l'essere partito di lotta sia divenuto troppo partito di governo, che nel tentativo di ampliare la propria base di consenso elettorale abbia trascurato le sue radici, che gli abbia fatto molto male l'aver allentato il rapporto con i sindacati. Sicché mi pare riduttivo parlare di sconfitta della elite e di vittoria del popolo, anche perché faccio fatica ad individuare una elite a Foggia dove al massimo si può parlare di una classe di media borghesia che trae le sue origini proprio dal popolo.
Mi pare invece di poter individuare, come scrivevo sopra, nella cesura tra popolo e partiti che fino a qualche tempo orsono lo rappresentavano, le ragioni della sconfitta.
Un'ultima osservazione: nella tanto vituperata DC, quando si perdevano le elezioni, gli organismi dirigenziali non venivano dimessi perché lo facevano da soli.
Oggi invece non si dimette mai nessuno, ed anzi nessuno riconosce le sconfitte.
Michele Perrone
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